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L’abolizione della schiavitù ed istituti giuslavoristici più favorevoli agli indios del Nuovo Mondo

L’abolizione della schiavitù

Sussisteva un problema di non poco momento che avrebbe influito sulla azione dell’inquisizione contro gli indios, cioè il fatto che non esistesse una disciplina specifica che chiarisse quale fosse l’effettiva natura non solo giuridica ma anche umana degli stessi.

Eminenti teologi e giuristi avevano le idee più diaprate in proposito, da Bartolomeo de Las Casas, che li vedeva come esseri dotati di ragione quindi umani, non barbari di natura come gli infedeli ma barbari secundum quid, cioè a causa delle situazioni storico-naturali, e per questo, se educati ed evangelizzati, non erano differenti dagli europei. A conclusioni analoghe sarebbe giunto Francisco de Vitoria, che difendeva gli indios dalle guerre di conquista, la religione non poteva essere imposta con la forza perché gli indios erano come dei bambini e come tali andavano educati, l’uso della forza era ammesso solo in caso di legittima difesa o se gli indios erano inabili da governare e rifiutavano di sottomettersi. Sepulveda, infine, li vedeva come omuncoli, incapaci di badare a se stessi, inabili, che andavano sottomessi come il corpo all’anima, la materia alla forma, i figli ai genitori e la donna all’uomo.

Tale disputa fu poi risolta, ma non definitivamente, dalla Veritas Ipsa (anche detta Sublimis Deus) di papa Paolo III nel 1537, con la quale si ammetteva e dichiarava l’effettiva natura umana degli indigeni d’America e ne veniva vietata la riduzione in schiavitù.

Ma la forma non risolve la sostanza.
Già prima della enciclica gli strumenti utilizzati dai conquistadores per sfruttare gli indigeni erano, almeno formalmente, non schiavistici. Le Leggi Burgos, tra il 1514 e il 1515, istituirono il sistema della encomienda, figura giuridica che si prefissava di conciliare il diritto di conquistare le terre con quello di preservare gli indigeni dagli abusi.

Tre gli obiettivi dell’encomienda: far rispettare la condizione di vassallo del Re di Spagna agli indios, obbligare il colono a evangelizzare l’indigeno, far fruttare i territori conquistati dal lavoro indigeno. Data l’opposizione di alcuni pensatori e giuristi a tale barbaro sistema, tra tutti Bartolomeo de Las Casas, e date le denunce che giungevano in madrepatria circa gli abusi dei conquistadores, ci furono tre nuove ordinanze: Le Ordenanzas de Granada del 1526, La Real Provision del 1530 e le Ordenanzas de Cubagua del 1533, che tentarono di arginare da un lato lo sfruttamento indios e la loro schiavitù di fatto, dall’altro di limitare il terribile e sconfinato potere dei conquistadores che, forti del loro stato, compivano le peggiori angherie restando impuniti.

Altro importante istituto che coinvolgeva gli indios era il Requierimento, ideato e redatto dal giurista regio Palacio Rubios nel 1513, una dichiarazione giurata sottoposta agli indios, letta in spagnolo e quindi incomprensibile agli stessi, con la quale si spiegava che tutti gli uomini discendono da Adamo ed Eva, che a seguito della torre di Babele i popoli furono dispersi, che giunse un Redentore Figlio di Dio e Vero Dio che morì per la salvezza di tutti, che questo affidò, attraverso San Pietro, la potestà spirituale al papato e quella temporale ai re cattolici, quindi nel caso di specie agli spagnoli cui spettava il diritto di colonizzare i Nuovi territori scoperti e di evangelizzarli. In particolare Spagna e Portogallo, regnanti “Cattolicissimi”, secondo il trattato di Tordesillas nel 1494, avevano lo scopo di evangelizzare i nuovi territori scoperti.

Questa lettura veniva fatta ai nuovi indios, sebbene fosse dal contenuto compromissorio, se infatti l’indigeno la accettava nulla quaestio, si sottometteva e gli veniva applicata l’encomienda. Difficile quanto impossibile sapere cosa accadesse se l’indios rifiutava, formalmente la guerra di sottomissione diveniva lecita. Il Requerimiento era insomma una dichiarazione di fatto di guerra o di resa.

Tornando all’encomienda istituita dalle Leggi Burgos possiamo affermare che, tuttavia, tale sistema, vuoi per la genericità dei contenuti, vuoi per l’applicazione che ne fecero i coloni, non fece altro che legalizzare lo sfruttamento che già era posto in essere in precedenza.

Iniziò una serie di denunce da parte dei missionari, tra tutti  quella del domenicano Bartolomeo de Las Casas, il cui contributo sulla questione degli indios sarà decisivo, che si dolse più volte dello scempio compiuto nei confronti dei colonizzati e sperava in una abolizione del sistema della encomienda che non rispettava la figura dell’indios ed anzi la mortificava.

Ci furono le tre ordinanze di cui sopra, Le Ordinanzas di Granada del 1526,  la Real Provision del 1530 e le Ordenanzas de Cubagua del 1533, la situazione si fece incandescente e il papa, finalmente, emise  la bolla Sublimis Deus, nota anche come Veritas Ipsa, del 2 Giugno 1537, che chiarì una volta per tutte, almeno da un punto di vista formale, la condanna ad ogni forma di schiavitù dichiarando che “indios vero homines esse” e che lo scopo della Chiesa era di diffondere a tutti gli uomini il messaggio del Redentore.

Di più, di lì in avanti per ogni nuovo territorio conquistato sarà necessaria l’opera di evangelizzazione degli indigeni, quindi ogni nuovo popolo scoperto sarà composto da esseri umani.

Nel 1549, così, furono emanate dalla Corona le “Leyes Nuevas” che, pur non abolendo l’istituto della encomienda ne limitavano di fatto la durata e stabilivano l’impossibilità che la stessa potesse essere trasmessa agli eredi.
Ciò non incontrò certamente il favore dei conquistatori che non solo non accettavano le modifiche ma volevano addirittura trasformarla in “senorios“.

Vediamone le differenze definendo anche cos’era l’encomienda rifacendosi alla descrizione fatta da Luigi Carnieri Calò Carducci: attraverso l’encomienda si destinava un certo numero  di indios ad un affidatario spagnolo, l’encomenderos, che, in cambio della prestazione lavorativa dell’indios, gli corrispondeva un salario e gli garantiva l’istruzione religiosa.

Attraverso il senorio, invece, si intendeva non solo la piena disponibilità di un bene da parte del colono ma anche la possibilità di esercitare una giurisdizione su un determinato territorio riscuotendo tasse e chiedendo servizi.

Il sistema della Encomienda era difficilmente comprensibile dagli indios, i quali avevano una cultura giuridico tributaria del tutto differente. Con riguardo al Perù, ad esempio, ma il discorso grossomodo può farsi un po’ per tutte le Americhe, il sistema tributario indios prima dell’arrivo Spagnolo è del tutto peculiare.

Al tempo degli Incas, in Perù, l’economia era regolata all’interno della “ayllu”, la comunità locale che costituiva anche il primo nucleo produttivo. Al suo interno era regolata l’agricoltura, l’allevamento e l’artigianato.
Gli Incas non conoscevano il danaro e l’oro ed i metalli erano usati solo nelle cerimonie religiose. I “Curacas” erano i capi di ogni ayllu e periodicamente l’Imperatore mandava suoi funzionari a controllare la produzione.

Ogni comunità versava un tributo che, però, non era proporzionato alla ricchezza prodotta ma alla manodopera utilizzata. I beni dati in tributo venivano depositati in “magazzino” e utilizzati in caso di necessità.
Un particolare tributo era la “mita“, pagata per far fronte ad esigenze di guerra.

L’ Encomienda fu abolita solo nel 1791 e nel 1784 fu abolito il “carimbo“, ossia la pratica di marchiare i lavoratori indios. Agli inizi dell’ ‘800 il sistema fu sostituito, nonostante tutto, dalla schiavitù vera e propria.

Giovanni Di Rubba

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