Nella serata di mertedì 30 luglio, i carabinieri sono intervenuti a Casoria, frazione di Arpino, lungo la Circonvallazione Esterna all’altezza del civico 102. Poco prima c’era stata una segnalazione di colpi d’arma da fuoco.
Verso le 19:30 ignoti a bordo di uno scooter hanno affiancato una Lancia Y e per motivi ancora non chiari avevano esploso dei colpi d’arma da fuoco verso le due persone che erano a bordo dell’autovettura.
Dai primi accertamenti pare si tratti di una tentata rapina. Uno dei due nell’auto, il pugile di Ostia Kevin di Napoli di anni 28, già noto alle forze dell’ordine, effettivamente indossava un orologio di valore. Secondo le ricostruzioni Di Napoli stava andando ad allenarsi.
I colpi esplosi colpivano entrambi gli occupanti dell’auto, ma mentre Di Napoli veniva colpito al braccio, ad avere la peggio è stato Raffaele Scotti del 1962. L’uomo lavora in una una comunità dove l’altro passeggero è ospite perché sottoposto agli arresti domiciliari.
Il 62enne è stato portato al Cardarelli con una lacerazione al polmone, aorta, milza e fegato, dichiarato in pericolo di vita in quanto anche cardiopatico.
Indagini in corso da parte dei carabinieri di Casoria e del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna impegnati a ricostruire l’esatta dinamica della vicenda.
Kevi Di Napoli il pugile picchiatore al soldo dei clan romani
La parabola di Kevin Di Napoli, classe 1996, è una storia di grande ascesa e drammatica caduta, ma anche di speranza e redenzione. Figlio del noto pugile Gianni Di Napoli e amico del rapper Tony Effe, Kevin era un giovane pugile promettente su cui aveva puntato gli occhi anche la nazionale italiana giovanile. Ma sei anni fa, la sua carriera e la sua vita hanno preso tutt’altra strada.
Tutto è cambiato con il blitz dei carabinieri nell’ambito dell’operazione “Maverick”, che ha smantellato il clan dei Triassi. Kevin Di Napoli è stato arrestato con l’accusa di associazione armata finalizzata al traffico di droga per tre bande diverse. Secondo le indagini, Kevin era coinvolto come picchiatore al servizio di Salvatore Sibio, ex membro della Banda della Magliana e boss di Ostia, e di Fabrizio Piscitelli, noto come “Diabolik”, storico leader della curva nord della Lazio e figura di spicco nel narcotraffico romano, ucciso in un agguato il 7 agosto 2019 al Parco degli Acquedotti.
Le accuse hanno portato a una serie di condanne. Per la “collaborazione” con Sibio, Di Napoli è stato inizialmente condannato a 14 anni di reclusione, una pena dalla quale è stato successivamente assolto. Tuttavia, altre condanne lo hanno raggiunto: 12 anni per un’accusa e 4 anni e otto mesi per un’altra. A queste si sono aggiunte varie denunce per lesioni, complicando ulteriormente la sua posizione legale.
Nel 2019, quando gli sono stati concessi i domiciliari, Kevin ha tentato il suicidio, disperato per l’ennesimo diniego del giudice di permettergli di frequentare una palestra. Questo episodio ha segnato un punto di svolta nella sua vita. Attualmente, sta scontando la sua pena nella comunità di recupero di San Pio di Nola.
Nonostante le difficoltà, Kevin ha ottenuto il permesso di tornare sul ring a febbraio di quest’anno.