Choc ad Afragola: rapina per coprire abusi sessuali, arrestati due frati

In manette padre Domenico Silvestro e padre Nicola Gildi. Avevano organizzato la rapina per impossessarsi dei cellulari delle vittime dove c'erano le prove delle violenze

Rapina aggravata in concorso e violenza sessuale. Sono le accuse contestate a sei indagati, tra cui due preti, frati Francescani, raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere del gip di Napoli Nord Caterina Anna Arpino. Al centro delle indagini una torbida storia di abusi consumati all’interno di alcuni monasteri tra i quali la Basilica di Sant’Antonio di Afragola.  Ad eseguire la misura cautelare, su conforme richiesta della Procura della Repubblica guidata da Maria Antonietta Trocone, i carabinieri della Stazione di Afragola.

I sei finiti dietro le sbarre: due frati al centro degli abusi sessuali

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Padre Domenico Silvestro e padre Nicola Gildi

Arrestati dai Carabinieri il parroco della Basilica Pontificia di Sant’Antonio da Padova di Afragola, padre Domenico Silvestro, è accusato di violenza sessuale. In manette anche  padre Nicola Gildi, 55 anni, raggiunto oggi dai carabinieri di Casoria nel Convento di Santa Maria Occorrevole di Piedimonte Matese, in provincia di Caserta, all’epoca dei fatti ad Afragola e, è invece ritenuto responsabile di rapina aggravata in concorso e violenza sessuale.

Arrestati anche i due autori materiali della rapina, Danilo Bottino, 20 anni, già con precedenti penali, e Biagio Cirillo, incensurato, che proprio oggi compie 19 anni.

Gli altri arrestati sono due imprenditori: Antonio Di Maso, 43 anni, accusato di avere fatto da intermediario tra il frate mandante e l’organizzatore della rapina e l’organizzatore con cui il frate-mandante è entrato in contatto, Giuseppe Castaldo, 52 anni. Castaldo, secondo gli investigatori, avrebbe anche avuto legami con la criminalità organizzata di Marigliano.

La rapina per coprire gli abusi sessuali

Una irruzione in casa con spranghe e mazze, la sottrazione di un cellulare e l’ombra di violenze sessuali subite precedentemente dalle vittime della rapina. In particolare il grave fatto criminale “presentava alcune anomalie” e “veniva ricondotto dalle vittime a pregressi rapporti con alcuni frati del territorio campano ed ad abusi e violenze sessuali subite“.

Le indagini partite ad aprile per rapina hanno portato a scoprire la torbida vicenda

Il provvedimento cautelare costituisce l’epilogo di una articolata attività di indagine avviata lo scorso aprile a seguito della denuncia sporta da due uomini residenti ad Afragola, vittime di una rapina commessa da due soggetti, travisati e muniti di mazze e coltello, che dopo aver fatto irruzione nella loro abitazione, sfondando la porta di ingresso, si erano impossessati di un telefono cellulare e tentato invano di impossessarsi anche di un altro telefono dandosi poi alla fuga.

Le indagini svolte nell’immediatezza dai militari dell’Arma, coordinati dalla Procura della Repubblica di Napoli Nord hanno consentito di identificare in breve tempo gli autori materiali della rapina e di accertare sia i loro mandanti che il movente.

Granitici riscontri delle violenze sessuali nei monasteri

Sulla base delle dichiarazioni rese dalle vittime sono state attivate operazioni di intercettazione telefonica ed acquisite le immagini dai sistemi di video sorveglianza presenti lungo il percorso seguito dai rapinatori indicato dettagliatamente dalle vittime.

Le indagini, giovatesi degli elementi forniti dalle vittime che nel frattempo avevano anche riconosciuto in foto i rapinatori, hanno permesso di accertare il contesto in cui era maturata la rapina e di acquisire, si legge nella nota della Procura di Napoli Nord, “granitici riscontri alle dichiarazioni rese dalle vittime anche sulle violenze sessuali subite all’interno di alcuni monasteri tra i quali la Basilica di Sant’Antonio di Afragola nonché di svelare il motivo per il quale i rapinatori avevano asportato esclusivamente il telefono cellulare e non anche altri oggetti e denaro pur presenti nell’abitazione delle vittime“.

Nei cellulari memorizzate immagini e chat che avrebbero potuto creare seri problemi ad alcuni frati. Mandante della rapina il parroco di Afragola

Dalle intercettazioni è emerso, infatti, che la rapina era stata commessa per sottrarre due vittime i telefoni in cui erano memorizzate immagini e chat “a dir poco imbarazzanti che avrebbero potuto creare seri problemi ad alcuni frati dei monasteri in cui avevano lavorato le vittime”.

In particolare dalle operazioni di intercettazione telematica e telefonica si è rilevato che a dare il mandato per compiere la rapina fosse stato il parroco di Afragola che, rivolgendosi ad altri soggetti che avrebbe dovuto assoldare gli esecutori materiali, poi individuati negli indagati arrestati oggi, avrebbero recuperato i telefoni cellulari in possesso delle vittime.

Le vittime ricattate economicamente per ottenere rapporti sessuali

Nel corso delle indagini, inoltre, è stata acquisita una lettera redatta dagli avvocati delle vittime della rapina e diretta ai frati superiori con la quale, nel sollecitare il pagamento delle somme relative alle prestazioni lavorative eseguite nei monasteri fino a quel momento non corrisposte, si faceva riferimento anche a rapporti sessuali subiti dalle vittime in cambio di assistenza di carattere sociale (abiti, alimenti e quant’altro necessario alla loro sopravvivenza) e lavorativa (assicurando loro un impiego retribuito in ogni luogo di culto in cui i due frati si trovavano a svolgere le proprie funzioni religiose).

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Le violenze sessuali confermate da un altro frate a conoscenza dei fatti

Le indagini svolte successivamente, anche attraverso l’interrogatorio di un altro frate a conoscenza delle violenze sessuali e del movente della rapina, hanno confermato “la riconducibilità del mandato a compiere il grave fatto criminale ad un frate, arrestato, che spinto dal forte timore di affrontare conseguenze di una denuncia sporta dalle vittime delle violenze supportata da chat, video e messaggi contenuti nella memoria dei telefoni cellulari in loro possesso, si era rivolto a suoi conoscenti per sottrarre i telefoni alle vittime e scongiurare il pericolo”.

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