La ripresa dell’attività sismica nella zona flegrea ha fatto nuovamente parlare di sé in queste settimane, richiamando l’attenzione sul fenomeno del bradisismo, che, fin dai tempi antichi, ha condizionato la morfologia e la storia delle città e delle isole del Golfo di Napoli.
Se a Pozzuoli, situata al centro dei Campi Flegrei, la terra si solleva inesorabilmente, a Baia l’altra faccia dell’attività vulcanica è quella dell’inabissamento. Qui, sotto la cupola immaginaria del grande impianto vulcanico flegreo, nel III secolo d.C., il complesso termale ha cominciato a sprofondare lentamente, generando il parco archeologico sommerso più grande del mondo.
Gli archeologi marini continuano, da anni, e con tecniche sempre più avanzate, a restaurare e valorizzare i resti di una villa romana, una delle più panoramiche perché situata all’ingresso del porto di Baia. Grandi ambienti ricchi di marmi e pavimenti in “opus sectile”, visibili sott’acqua, erano il biglietto da visita di chi voleva esibire il suo status.
All’epoca, Baia era già un luogo di sperimentazione architettonica, fonte di ispirazione per gli edifici della Roma imperiale. Oggi, il parco sommerso è un vero e proprio museo, che richiama ogni anno migliaia di persone affascinate da un’esperienza di visita straordinaria.
Anche Procida è nata dalla produzione lavica di diverse bocche vulcaniche, ed è ricca di attrattive per il turista in cerca di privacy. Nell’antico borgo dei pescatori della Corricella, una delle nove contrade dell’isola con il suo porticciolo seicentesco, si respira un’atmosfera senza tempo. Addentrandosi nelle viuzze interne, i palazzi e le architetture imponenti del centro storico evocano solo in apparenza un’antica fortezza difensiva. In realtà, i cortili verdeggianti, nascosti dietro i portoni degli edifici, custodiscono stili di vita più tranquilli e informali, pur ravvivati da diverse iniziative culturali.
Unica al mondo ad avere cinque baie in un territorio molto piccolo, Procida ha un’anima verde, Vivara, a lei collegata da un punte lungo e stretto. La riserva naturale di questa mezzaluna di terra (riserva di Stato dal 2002) è ciò che rimane di un antico cratere vulcanico risalente a settantamila anni fa. Qui e nella vicina isola di Ischia, nell’VIII secolo a.C. sbarcarono i primi Greci, dando vita a quella che i Romani chiamarono “Magna Grecia”.
Una conformazione unica dal punto di vista vulcanologico e un luogo nel quale la macchia mediterranea si è impossessata di terre non più coltivate, creando un unicum anche dal punto di vista paesaggistico. Dal punto più panoramico, il golfo di Napoli si offre allo sguardo, spaziando dai Camaldoli, dove si è verificata la prima eruzione dei Campi Flegrei, a Posillipo, riconoscibile per il colore giallo della sua roccia tufacea, fino a Campo Miseno con la sua solfatara. E ancora Capri, Ischia e il canale di Procida, probabilmente l’unico canale navigabile al tempo dei micenei, che, non a caso, scelsero Vivara per controllare il passaggio tra il basso e l’alto Tirreno.
Anche Capri, uno dei luoghi iconici del Mediterraneo, apprezzata dai Romani antichi e scelta per ospitare le grandi dimore imperiali, ha il suo patrimonio sommerso, seppure la sua origine non sia vulcanica, come Procida e Ischia, ma carsica. La Grotta Azzurra, una delle tante presenti lungo il perimetro delle sue coste, era, in realtà, il ninfeo del palazzo dell’imperatore, anch’esso completamente sommerso e ancora oggetto di attività di ricerca e conservazione.
Se è vero che a distanza di più di duemila anni i vulcani e l’attività sismica hanno ancora un ruolo importante nella storia partenopea, la memoria del passato continua a vivere nel presente.
Viviana Rossi