I napoletani lo chiamano “ʽo museo”. Perché è sempre stato un luogo della città dove darsi appuntamento per poi andare altrove. Situato tra i quartieri Sanità e Forcella, troppo a lungo dimenticato, è diventato, negli ultimi anni, non solo un riferimento geografico, ma anche un riferimento culturale per la città. Uno dei più prestigiosi musei archeologici al mondo (se non, forse, il più prestigioso), che custodisce, oltre a pregiate collezioni appartenute ai Borbone, anche le testimonianze più importanti della vita di Pompei e di Ercolano.
Nato come luogo destinato all’esercizio dell’equitazione alla fine del Cinquecento, l’attuale MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli) è stato in seguito Palazzo degli Studi (usciti dal museo con la creazione dell’Università Federico II), e infine museo nella seconda metà del Settecento per volere di Carlo di Borbone, ottenendo la qualifica di “nazionale” dopo l’Unità d’Italia.
Fino a qualche anno fa era considerato un luogo di nicchia, frequentato da studiosi e appassionati di arte antica, e dagli eredi del Gran Tour provenienti dalla Germania e dalla Francia, di passaggio a Napoli per poi proseguire verso la costiera amalfitana.
Grazie all’istituzione dell’autonomia museale avviata nel 2014, da punto topografico e fermata della metropolitana omonima (Museo), “ʽo museo” è diventato il motore di una rivoluzione culturale e sociale. È, infatti, apparso chiaro fin da subito che, grazie a questa autonomia, bisognava restituirlo al pubblico, riaprendo tutte le collezioni dimenticate da anni, rendendo di nuovo accoglienti gli spazi espositivi e proponendosi alla città come mai un museo aveva fatto prima.
La svolta che ha portato alla riscoperta del MANN da parte dei napoletani è stata l’interazione che si è venuta a creare tra il museo e i suoi visitatori, in termini di scambio immediato, semplice e chiaro, portando anche all’esterno dell’edificio i suoi tesori, e stimolando il processo di identificazione dei cittadini con il proprio passato, per conoscere e comprendere meglio la storia del luogo in cui vivono.
I risultati non si sono fatti attendere, e la città ha percepito il cambiamento, anche grazie alle tante mostre temporanee allestite a Napoli e in tutto il mondo (il MANN è il maggiore prestatore archeologico del Mibac), che, sebbene, in alcuni casi, abbiano fatto storcere il naso ai puristi dell’archeologia, hanno avvicinato al museo gente che magari non vi sarebbe mai entrata, e che, invece, ha deciso di tornarci e di frequentarlo abitualmente, beneficiando di un abbonamento annuale che permette di vivere il museo tutto l’anno.
Grazie alla sua importanza, poi, il MANN ha coinvolto nel processo della sua rinascita associazioni di quartiere che hanno riaperto al pubblico piccole realtà dimenticate e quasi segrete, come l’Acquedotto augusteo del Serino (nei sotterranei di Palazzo Peschici Maresca) e la chiesa di Santa Luciella ai Librai.
L’evoluzione del museo a 360°, in tempi di comunicazione multimediale, è passata anche dai canali social, diventati una porta aperta sul mondo esterno, soprattutto nel periodo della pandemia da Covid-19, nel quadro di un’offerta sempre più diversificata che continua a suscitare la curiosità e la passione dei turisti e dei cittadini partenopei.
Viviana Rossi