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Capaccio: l’innocenza rubata di un bambino costretto a vendere cocco sulla spiaggia

Capaccio: l’innocenza rubata di un bambino costretto dal padre a lavorare sulla spiaggia

Un episodio sconvolgente di sfruttamento minorile è emerso sulle spiagge di Capaccio Paestum, precisamente a Licinella, dove un bambino di appena 8 anni è stato costretto dal padre a vendere cocco ai bagnanti sotto il sole cocente. La denuncia è partita dagli stessi bagnanti, testimoni diretti di una situazione tanto grave quanto inaccettabile.

Il racconto dei bagnanti: un bambino privato dell’infanzia

Secondo le testimonianze, il piccolo, descritto come gracile e visibilmente affaticato, era obbligato a trasportare una pesante borsa frigo colma di merce lungo la spiaggia. Sotto il sole estivo, il bambino avanzava lentamente, mentre il padre lo rimproverava con parole dure e insensibili, colpevolizzandolo per non svolgere “adeguatamente” il suo compito.

I bagnanti, indignati e preoccupati per la salute del bambino, hanno segnalato il caso al deputato di Alleanza Verdi-Sinistra, Francesco Emilio Borrelli, affinché venissero presi provvedimenti immediati: “Va tolta la patria potestà al genitore indegno che sottopone il figlio a uno sforzo non sostenibile alla sua età” è quanto ha dichiarato in tutta risposta, rassicurando, con l’espressione della sua indignazione, di aver segnalato il caso agli organi competenti.

 

Lo sfruttamento minorile: una piaga sociale

Lo sfruttamento minorile è un reato che non solo viola la dignità dei bambini, ma anche i loro diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione Internazionale dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. E il caso, fra altri, del bambino di Capaccio è emblematico di come questi diritti vengano spesso ancora calpestati.

A soli 8 anni, il piccolo non dovrebbe conoscere il peso del lavoro, né tantomeno essere esposto alle dure parole e ammonizioni di un genitore che lo costringe a camminare sotto il sole rovente, con i piedi sulla sabbia bollente e il corpo carico di pesi, perché non è un modo per insegnargli il valore delle fatiche. È, piuttosto, una forma di violenza e schiavitù che rischia di lasciare cicatrici indelebili sulla sua crescita e sulla percezione di se stesso nel mondo.

Un appello alla giustizia e alla protezione dei minori

In un paese che si considera civile, non c’è spazio per il lavoro minorile, perché, come dichiarò Papa Francesco: “è sfruttamento dei bambini nei processi produttivi dell’economia globalizzata a vantaggio di profitti e di guadagni altrui. È negazione del diritto dei bambini alla salute, all’istruzione, a una crescita armoniosa, che comprenda anche la possibilità di giocare e di sognare.” Ecco perché questo tragico episodio a Capaccio diviene monito di quanto sia importante la vigilanza e la denuncia da parte della comunità per proteggere i bambini da simili abusi, che li lasci ad un’infanzia serena, lontana dalle preoccupazioni e dalle fatiche del mondo adulto, dove ci siano le autorità ad intervenire rapidamente per proteggerli e garantirgli che non debbano mai subire un trattamento simile.

La libertà di un bambino di vivere la propria età è sacrosanta. Purtroppo, caro piccolo venditore di cocco, abbiamo ancora tanto da fare per combattere lo sfruttamento minorile e per assicurare un’infanzia serena a tutti i bambini del mondo. Ma ti prometto che ci riusciremo, e un giorno tanti tuoi coetanei potranno crescere felici, sicuri e (soprattutto) liberi.

Sofia Comentale

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