“Trecase legge”, conclusa la quarta edizione della kermesse culturale

I personaggi illustrati, infatti, sembrano incontrarsi idealmente e, di certo, rappresentano situazioni reali in cui ciascuno può ritrovarsi nel quotidiano

“Trecase legge”, conclusa la quarta edizione della kermesse culturale

Promossa da Biesse Associazione Culturale Bene Sociale di Reggio Calabria (Referente regionale per la Campania la docente e sociologa Fernanda Pucillo) e con il patrocinio del Comune di Trecase, la rassegna “Trecase legge” ha calato il sipario alla sua quarta edizione e già proiettata alla prossima, con nuovi spunti e influenze tra scrittura e arte.

Trecase si erge a baluardo della cultura e della legalità; iniziative come queste devono essere il fiore all’occhiello per la promozione di sani principi e del valore formativo della lettura, specie tra le giovani generazioni. Gli adolescenti, infatti,  sono sempre meno coinvolti dallo strumento “libro” e allora bisogna cooperare sinergicamente – scuola e Istituzioni- per far crescere le radici di cultura, senso civico e di appartenenza al territorio, combattere piaghe sociali quali lavoro “nero”, disoccupazione,  criminalità ma anche la dispersione scolastica che – come sottolineato dal Sindaco, avv. Raffaele De Luca- per il Comune vesuviano è praticamente nulla, a differenza di realtà limitrofe (secondo recenti dati dell’Usr Campania, pubblicati nel febbraio 2024). La presenza alla manifestazione di studenti dei Licei “Giorgio De Chirico” e “Pitagora-Croce” di Torre Annunziata sono la testimonianza che la cultura può contribuire alla costruzione di una società migliore e credere nella concreta realizzazione.

Tre serate (giovedì 12 settembre, martedì 17 e mercoledì 18 settembre) con altrettante personalità eminenti della cultura giornalistica e teatrale/cinematografica che hanno presentato il proprio ultimo lavoro di scrittura. A dialogare con loro si sono succeduti rispettivamente – oltre alla “padrona di casa” Fernanda Pucillo e a Bruna Siviglia, Presidente di Biesse – Angela Losociale (Presidente del Centro “Ti ascolto”), Maria Luisa Iavarone (ordinario di Pedagogia generale e sociale presso l’Università “Parthenope “di Napoli) e Annamaria Silvestro (Presidente dell’Associazione culturale “Passepartout), la firma de “Il Mattino “, Vincenzo Sbrizzi.

Marina Tagliaferri, la “Giulia” di Un posto al Sole – fiction di punta della produzione Rai di Napoli (dal format australiano “Neighbours”) – nel suo libro Un posto in scena (Giannini editore) parla di sé, donna e attrice in un lungo percorso autobiografico (dall’approdo al mondo teatrale e gli insegnamenti di Carmelo Bene e Vittorio Gassmann all’oggi), scandagliando a fondo la propria anima, in quanto “noi siamo la chiave di lettura di noi stessi”.

Sigfrido Ranucci, noto conduttore della trasmissione Rai “Report” ne La scelta (Bompiani) indaga se stesso da libero giornalista e cronista, forte delle proprie idee e valori. In questa biografia formativa e, al tempo stesso romanzo di formazione, tra svariati flashback si snodano tanti fili e storie dalla trama principale ma di fondo sempre troneggia l’idea “missionaria” del fare giornalismo, la sua funzione civile ed educativa: il giornalista, con rigore scientifico e fonti attendibili, deve raccontare i fatti reali, tangibili e aiutare la comunità nei momenti di difficoltà, “saper trasformare il dolore in resilienza”.

Un ponte nell’abisso (Gruppo Albatros Il Filo) è invece il titolo del libro di Paolo Toscano, firma della Gazzetta del Sud, incentrato sul male della ’ndrangheta, associazione malavitosa che, nel corso del tempo è cresciuta “in silenzio” rispetto ad altre organizzazioni stragiste, in evoluzione continua passando dai sequestri al narcotraffico sino all’imprenditorialità e agli appalti pubblici. Nel romanzo, tratto da una storia vera, l’incessante lotta tra bene e male vede protagonista la famiglia calabrese di don Ciccio, rappresentante della triste realtà di tante famiglie e luoghi ove vigono la regola del più forte, le “stimmate” della malavita e una normalità che è in effetti “anormalità”. Egli fa il bello e cattivo tempo e attorno alla sua figura ruotano le altre storie che si intrecciano e intersecano, come gli stessi personaggi, protagonisti o antagonisti o “sgherri” del boss. In un tessuto sociale di privazioni e disaffezioni, ecco compiersi il miracolo dell’amore (seppur contrastato), della vita e della luce: Maria, la nipote di don Ciccio fa una scelta controcorrente, decidendo di ribellarsi a soprusi e angherie, di non rimanere in un mondo dove tutto è prestabilito e la donna è solo una partoriente di esseri da destinare alle tenebre della strada.

Un fil rouge lega insieme le tre proposte di lettura “all’ombra del Vesuvio” sintetizzabile nella parola: “Scelta”, termine derivante a sua volta dal verbo latino “eligere”: scegliere tra tante possibilità quella idonea al proprio sé. Scelte complesse che formano l’essere, d’altronde noi siamo ciò che scegliamo, così come le nostre mancate scelte; tante quelle consapevoli per la felicità e non permettere agli altri di renderci infelici o di stroncare i nostri sogni, proprio come le storie raccontate dagli Autori. I personaggi illustrati, infatti, sembrano incontrarsi idealmente e, di certo, rappresentano situazioni reali in cui ciascuno può ritrovarsi nel quotidiano. La vita è una successione infinita di momenti, di cosiddette “sliding doors”, come ampiamente raccontato da Marina Tagliaferri, che tessono l’esistenza di ognuno e di conseguenza le fila della memoria. Il ricordo di ciò che è stato è fonte primaria del passato e base del futuro, di ciò che sarà e che dovrà essere migliore del precedente. Gettare, dunque, oggi i germi del domani con la speranza che sia radioso rispetto all’oggi.  Ecco allora la dimensione del ricordo, affinché non si ripetano gli errori del passato e nella società splenda il bene. Per questo diventa fondamentale diffondere gli esempi di chi ha agito per la libertà, la verità e la giustizia, anche a costo della propria vita. Bisogna educare alla legalità e, al tempo stesso, occorrono sdegno e coraggio. Solo così – come Ranucci ha sottolineato – si può avere un cambiamento sano e costruttivo, volto al bene comune, sradicare comportamenti e atteggiamenti mafiosi e formare i giovani alla bellezza della cultura della legalità.

“La verità ci rende liberi” e con questa convinzione si può crescere nel bene perché nella vita ”abbiamo sempre un piede nella favola e uno nell’abisso” (Ranucci). Proprio come il trapezzista, si può fare un salto in avanti solo se si ha memoria del dietro, del passato.

Fiorina Izzo

Donazione sostieni il Gazzettino Vesuviano