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Punta Campanella, individuata una Pinna nobilis ancora viva

Punta Campanella, individuata una Pinna nobilis ancora viva

Una Pinna nobilis viva nei fondali dell’Area Marina Protetta di Punta Campanella, in penisola sorrentina. Un avvistamento normale fino a 10 anni fa ma non ora, vista l’epidemia che sta sterminando la specie ovunque. La presenza della Nacchera di mare- nome comune della Pinna nobilis- ha sorpreso non poco il personale dell’Amp, impegnato ieri in azioni di monitoraggio per il progetto europeo Life Sea.Net.

“Un avvistamento sorprendente, vista la grave situazione che interessa la Pinna nobilis, e che dimostra l’importanza delle attività di monitoraggio nelle aree marine protette-sottolinea il Direttore dell’Amp Punta Campanella, Lucio De Maio- Siamo impegnati in diversi progetti di tutela della ricca biodiversità presente nel nostro mare, come Life Sea.Net, che ci dà l’opportunità di controllare e censire diverse specie fondamentali per gli ecosistemi con la supervisione dell’Ispra ( Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale ndr)”, al quale abbiamo comunicato la presenza dell’esemplare vitale. Saranno condotti approfondimenti insieme ad Ispra e verificheremo la presenza in zona di eventuali altre Pinne nobilis vive”.

Quattro anni fa, nell’ultimo monitoraggio della specie, non era stato trovato nessun esemplare vivo, solo 70 Nacchere morte nei fondali di Punta Campanella, come in tanti altri fondali italiani, spagnoli e di paesi che si affacciano sul mediterraneo, unico mare in cui vive il mollusco bivalve. Dal 2016, un’epidemia partita dalla Spagna ha sterminato la specie ovunque. Quasi il 100% di mortalità, da est a ovest del mare nostrum. Hanno resistito solo alcuni esemplari in zone lagunari e in aree isolate e poco connesse con il mare aperto.
L’IUCN( Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) ha prontamente riclassificato la specie come Critically Endangered (in pericolo critico), il livello massimo di minaccia prima dell’estinzione. Potrebbe presto scomparire dal Mediterraneo e quindi dal pianeta essendo endemica del nostro mare.

Negli ultimi anni sono stati avviati numerosi progetti di ricerca e monitoraggio per cercare di salvarla, tra i quali l’Action Plan for Pinna e LifePinna. L’obiettivo è monitorare e proteggere gli individui sopravvissuti e mettere a punto tecniche di allevamento in cattività per ripopolare alcune aree specifiche con individui resistenti alle malattie. Una corsa contro il tempo per la sopravvivenza di una specie presente da milioni di anni nei nostri mari. È il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo ed è un animale filtratore che svolge un ruolo essenziale negli ecosistemi marini, costituendo habitat colonizzabili per tanti altri organismi.

La presenza di questo esemplare ancora vivo nel mare aperto dell’Area Marina Protetta di Punta Campanella potrà contribuire a offrire nuove speranze per la salvezza della specie. La Pinna nobilis, di circa 40cm, è sopravvissuta all’epidemia. È stata avvistata e fotografata durante le azioni di monitoraggio nell’ambito del progetto europeo Life Sea.Net, cofinanziato dalla Commissione europea e coordinato da Legambiente, con l’obiettivo di migliorare la gestione dei siti marini di Natura2000 e di diffonderne la conoscenza. L’ Area Marina Protetta Punta Campanella è partner del progetto e si occupa del Sito Natura2000 “Fondali Marini di Punta Campanella e Capri”.

“Il rinvenimento di questo esemplare di Pinna nobilis nei nostri mari è l’ennesima riprova che progetti come Life Sea.Net, che mettono in sinergia Aree protette, Istituzioni, amministrazioni ed enti di ricerca scientifica, sono di fondamentale importanza per aumentare le conoscenze relative alla biodiversità marina del Mediterraneo. Questo avvistamento ci ricorda, inoltre, che le aree protette e i siti Natura 2000 sono una risorsa preziosa per tutelare le specie e gli habitat a rischio. Per questo motivo dobbiamo impegnarci sempre di più per aumentare entro il 2030 la percentuale di territorio tutelato a mare, come ci chiede anche l’Europa”, commenta Federica Barbera dell’ufficio biodiversità di Legambiente.

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