Un racconto della pistola trovata per caso, per il Giudice per le indagini preliminari Maria Gabriella Iagulli, “non è verosimile“. Il gip non crede alla tesi di Renato Caiafa sull’uccisione del 18enne Arcangelo Correra, all’alba di sabato scorso in piazzetta Sedil Capuano nel centro storico di Napoli.

Arcangelo Correra e Renato Caiafa

Per il gip l’arma era nelle disponibilità dei ragazzi

Troppi punti ancora non del tutto chiari, troppe incongruenze che non danno ancora una versione credibile dell’accaduto. A parere del giudice l’arma era nella disponibilità di quel gruppo di ragazzi: è inverosimile per l’autorità giudiziaria la versione del ritrovamento casuale per strada fornita dal 19enne, anche se è credibile l’ipotesi del gioco finito male.

E’ quanto in pratica scrive la gip nell’ordinanza con la quale, pur non convalidando il fermo del 19enne, ne dispone la custodia cautelare in carcere. A Caiafa viene contestato il porto, la detenzione e la ricettazione dell’arma (per l’omicidio è solo indagato) una calibro 9×21 con la matricola cancellata e un serbatoio maggiorato nel quale c’erano almeno 18 dei 26 colpi che poteva contenere. Un’arma che essendo clandestina e potenziata ha un grande valore di mercato per la criminalità.

La pistola è nera, lo pneumatico è nero e la notte è nera. Poteva vederla solo chi ne conosceva esattamente il posto

L’arma sarebbe stata ritrovata casualmente sulla ruota di un’auto parcheggiata da tempo in piazzetta, secondo quanto riferito dal 19enne agli investigatori. Una versione ritenuta poco credibile dalla dottoressa Iagulli che nella sua ordinanza spiega anche il perchè: “I fatti sono avvenuti di notte, l’arma è nera e, dunque, mai sarebbe stata visibile, qualora abbandonata al di sopra di uno pneumatico, a sua volta nero, al di sotto della carrozzeria dell’auto. E, anche a voler ammettere che l’arma fosse stata lì nascosta, solo chi ne avesse conosciuto il posizionamento preciso avrebbe potuto vederla“.

Un arma di grande valore non sarebbe mai stata abbandonata in strada

L’arma, inoltre, proprio per il grande valore che quell’arma ha per la malavita: “Nessuno avrebbe lasciato un’arma carica, considerato il suo valore, per strada alla libera apprensione da parte di terzi – scrive ancora la gip – di certo, non si può ritenere che taluno se ne fosse sbarazzato, in quanto la criminalità tende ad acquisire il possesso di questo tipo di armi, che possono essere usate mille e mille volte ancora proprio perché, in quanto clandestine, sono difficilmente ricollegabili ai delitti commessi e ai loro autori e di certo non le abbandona, dopo averle pagate“.

Dubbi sul comportamento di Renato Caiafa. Estremamente lucido nell’inquinare le prove

Inoltre il gip pone molti dubbi anche sulla condotta di Renato Caiafa dopo aver portato Arcangelo in ospedale. L’indagato ha riferito di essersi allontanato dal nosocomio dove aveva accompagnato l’amico ferito perché spaventato e nella più totale disperazione. Ciò collide però con le sue azioni da quel momento, che appaiono estremamente lucide nonostante il dolore per l’amico.

Getta gli abiti insanguinati e chiede allo zio (spingendolo a commettere un reato) di recarsi sul luogo del fatto per recuperare motorino e pistola, nella concitazione del momento abbandonata per strada. Secondo il gip si tratta di una richiesta poco sensata se quell’arma fosse stata trovata per caso sulla pubblica via “e non fosse stata riconducibile, al contrario, proprio a quei ragazzi e a chi quei ragazzi li aveva armati“.

Il giudice, in sostanza, ritiene che “tutta la condotta post factum tenuta da Caiafa dimostra che quell’arma non era stata trovata per caso“. Inoltre, nessuno dei ragazzi presenti ha parlato di un ritrovamento casuale dell’arma.

Il 19enne resta in carcere perchè potrebbe continuare ad inquinare la prove

La decisione di disporre la misura cautelare del carcere, pur non convalidando il fermo, scaturisce dal fatto che, secondo il giudice, Caiafa potrebbe reiterare il reato e anche inquinare le prove qualora avesse la possibilità di entrare nuovamente in contatto con i suoi amici. Con i domiciliari, potrebbe, sempre secondo il giudice, proseguire l’attività di inquinamento probatorio già palesatosi con lo spostamento dell’arma, i vestiti buttati e la cancellazione delle eventuali impronte presenti sull’arma.

In relazione allo scooter utilizzato per accompagnare Correra ferito a morte in ospedale, secondo gli accertamenti non appartiene come sostenuto da Caiafa all’amico deceduto ma sarebbe stato adoperato anche da persone ritenute legate alla criminalità.

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