“Mala Fede” a Vico Equense con Derrick de Kerckhove

Per de Kerckhove, questi libri e questo metodo di scrittura e di approcciare e coinvolgere il lettore costituiscono uno strumento per comprendere come agisce la criminalità, ma soprattutto come si possano spezzare i legami tra mafie e nuove generazioni

I romanzi sulle indagini del Capitano Mariani? Sono un vero e proprio “strumento tecnologico del linguaggio” con cui raggiungere migliaia di persone per far comprendere i meccanismi e la logica del crimine, di come questo vada combattuto e di come si possano spezzare i legami tra mafie e nuove generazioni.
Parola di Derrick de Kerckhove.

Il sociologo e giornalista belga naturalizzato canadese, collega ed erede di Herbert Marshall McLuhan – sociologo, filosofo, critico letterario e professore canadese che elaborò la celeberrima teoria “il medium è il messaggio” – è stato, a sorpresa, tra gli ospiti della presentazione di “Mala fede” (Avagliano editore), terza opera del giornalista oplontino Giovanni Taranto, tenutasi presso la libreria Ubik di Vico Equense nella serata di giovedì 14 novembre.

De Kerckhove – accademico e direttore scientifico di Media Duemila, già direttore del McLuhan Program in Culture & Technology dell’Università di Toronto, e già docente di Sociologia della cultura digitale e di Marketing e nuovi media presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università Federico II di Napoli – a collaborato con McLuhan per oltre un decennio, lavorando con lui anche all’interpretazione innovativa degli effetti prodotti dalla comunicazione sia sulla società nel suo complesso che sui comportamenti dei singoli.

E proprio agganciandosi a questi concetti, intervenendo durante la serata, lo studioso si è appassionato ad argomenti e metodi del “progetto Mariani”, con cui Taranto sta affrontando – giallo dopo giallo – i temi più scottanti legati al crimine e alle sue radici, alla presenza delle mafie e a ogni aspetto della lotta alla criminalità organizzata e all’illegalità in ogni sua forma.

A moderare la serata – in veste di “dialogante” con l’autore – il giornalista Antonio Irlando. Carla Fiorentino ha trascinato i presenti nell’universo di Mariani con la lettura di alcuni brani tratti dal libro.

In sala anche giornalisti e rappresentanti dell’Associazione Nazionale Carabinieri della Penisola Sorrentina (zona dove, fra l’altro, sono ambientate alcune scene fondamentali del quarto romanzo di Taranto, in uscita nel 2025).

Tra il pubblico, anche Maria Pia Rossignaud, giornalista specializzata in tecnologie applicate ai media, una degli esperti di digitale della Rappresentanza della Commissione europea in Italia, direttrice della prima rivista di cultura digitale italiana «Media Duemila» (di cui de Kerckhove è direttore scientifico) e vice presidente dell’Osservatorio “TuttiMedia”.

Proprio lei aveva coinvolto De Kerckhove nella serata di presentazione del romanzo di Taranto, ambientato a Pompei imperniato su una complicata vicenda che intreccia la presenza delle sette sul territorio vesuviano e in Italia, clamorosi furti d’arte, il “rapimento” della Madonna del Rosario, traffici internazionali, morti misteriose, omicidi di camorra,  il rapporto distorto fra criminalità organizzata e religione, e la vera storia di Bartolo Longo, oggi beato, che prima di essere il fondatore del Santuario di Pompei fu sacerdote satanista.

Un appuntamento importante e molto sentito, dunque, per l’autore, originario proprio di Vico Equense, anche se da sempre residente a Torre Annunziata.

“Ero già felice di poter presentare il mio libro nella mia città natale – ha commentato Taranto – ma quando ho visto entrare in sala Derrick, ho davvero avuto una scarica di adrenalina. Non avrei potuto ricevere regalo e onore maggiore. Soprattutto considerando quanto poi si sia appassionato al progetto Mariani, alle tematiche che tratto e al mio metodo di scrittura, che intreccia estremo realismo, dati di cronaca, filosofia del Vesuviano, e stralci di vita vera, senza mai cedere al pulp o all’invenzione, ma restituendo anche la realtà dei meccanismi investigativi e giudiziari”.

“Questi libri e questo metodo di scrittura e di approcciare e coinvolgere il lettore – ha commentato de Kerckhove – costituiscono un vero e proprio strumento tecnologico del linguaggio. Con la loro originalità possono avere un impatto molto forte e incisivo per la comprensione dei temi trattati”.

Il sociologo si è anche molto appassionato ai temi trattati nel secondo romanzo di Taranto – “Requiem sull’ottava nota” (Avagliano editore) – che, nell’intreccio di una complessa storia legata a delitti e codici basati sulla cabala napoletana, spiega in dettaglio il funzionamento dei clan, i ruoli all’interno degli stessi e soprattutto il meccanismo di cooptazione delle nuove generazioni all’interno delle cosche.

“Lo strumento tecnologico rappresentato dai romanzi dell’autore – ha detto de Kerckhove riferendosi a “Requiem” – può essere il nucleo di una importante strategia di comunicazione capace di fare uscire i giovani dal fantasma della predestinazione sociale. È un discorso che mi piacerebbe approfondire e credo che ne parleremo ancora con Taranto”.

“Sono d’accordo con Derrick. – ha commentato Irlando – Credo che questi siano temi da portare nelle scuole, nelle associazioni, nelle università, proprio grazie ai romanzi con le indagini del Capitano Mariani. Mi piacerebbe, ad esempio, un progetto con cui l’Associazione Nazionale Carabinieri portasse il Capitano fra gli studenti della Penisola Sorrentina. Con Derrick commentavamo che questi libri sono uno strumento importante per diffondere il messaggio di una alternativa possibile alla predestinazione al crimine, capace di far comprendere che ci sono strade diverse da quelle segnate da una vita condizionata dalla controcultura dell’antistato. Migliaia di giovani e giovanissimi che vivono in questi ambienti, purtroppo ancora guardano con profonda ostilità uniformi delle forze dell’ordine e toghe dei magistrati. Il Capitano Mariani, con la sua umanità, può davvero mostrare loro che le cose sono diverse. E che perseguire la giustizia non significa essere il nemico. Come dice un passaggio del primo romanzo di Giovanni, “La fiamma spezzata”, Mariani non è un giustiziere, ma un giusto. E questo messaggio, se arriva, può fare la differenza”.

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