“Impressionisti e la Parigi fin de siècle” a Napoli nella Basilica di Santa Maria Maggiore della Pietrasanta

Sessantanove le opere esposte realizzate da 40 artisti prevalentemente francesi, suddivise in tre sezioni che tracciano la storia delle origini e le evoluzioni dell’Impressionismo, sullo sfondo della capitale parigina di fine secolo, vivace e luminosa protagonista di epocali cambiamenti. La mostra, inaugurata sabato 23 novembre, resterà aperta fino al 27 aprile 2025.

L’esposizione, dal carattere antologico, è un omaggio al rivoluzionario movimento artistico francese nato 150 anni fa, con la prima esposizione parigina che ne segnò il debutto ufficiale sulla scena mondiale, il 15 aprile 1874.

Vittorio Sgarbi, curatore della mostra, nella conferenza stampa di presentazione ha spiegato: “Impressionisti e la Parigi fin de siècle è una mostra di studio e di ricerca, che serve a capire cosa c’è dietro l’Impressionismo, senza effetti speciali e grandi capolavori che vengono dai musei francesi e che sono, evidentemente, il riferimento inevitabile per chiunque voglia conoscere l’Impressionismo”. Ha poi aggiungo, il prof. Sgarbi: “spiccano prevalentemente gli autori francesi come: Corot, Cézanne, Degas, Manet, Renoir e Monet, per citarne alcuni”.

L’esposizione, all’interno della Basilica in stile barocco con radici in epoca greco-romana, traccia la storia delle origini e le evoluzioni dell’Impressionismo, sullo sfondo della Parigi di fine ‘800, vivace e luminosa protagonista di epocali cambiamenti.

La prima sezione, intitolata La rivoluzione realista e l’Ecole de Barbizon. La strada verso l’impressionismo vede la presenza di 18 opere, per lo più dipinti a olio e acqueforti, realizzate da artisti della Scuola di Barbizon, tra i quali Corot, Delacroix, Rousseau, Millet, Courbet, Lecomte, specialisti della pittura paesaggistica e realistica e punti di riferimento per gli Impressionisti.

Con la seconda sezione, intitolata La conquista degli Impressionisti, la mostra entra nel vivo della storia del nuovo movimento, una partitura a più voci che prende forma nella pullulante Ville Lumiere, sede della seconda Esposizione Universale. In questo settore si possono ammirare 45 opere di 21 artisti, ispirati dalla Scuola di Barbizon ma capaci di elaborare nuove forme espressive rivoluzionarie, distanti dall’accademismo fino ad allora imperante. Le opere presenti sono soprattutto incisioni e disegni, che mettono in luce i lavori di studio e di preparazione per opere di grandi artisti come Cézanne, Manet, Boudin, Degas, Renoi, Forain, Guillaumin, Monet e Mary Cassat, pittrice americana, una delle poche donne ammesse al consesso maschile dell’arte dell’epoca.

La terza sezione, Dopo la conquista: l’arte non è solo riproduzione, sei opere del periodo post impressionista realizzate dall’artista svizzero-francese Jeanniot, dal paesaggista Firmin Girard, dal pittore e incisore svizzero Ranft il cui dipinto “Ladies in cafè “è stato scelto come immagine simbolo dell’esposizione, fino a lambire la pirrura Nabis con Bonnard e Denis.

La mostra vuole essere una full-immersion nella Parigi della Bella Époque, che ha visto non solo la nascita dell’Impressionismo, ma anche l’avvento della fotografia, del cinema, dell’elettricità, dei primi metrò, la costruzione della mitica Tour Eiffel e di grandi conquiste, che hanno cambiato le prospettive del nascente Novecento, all’alba della grande tragedia della Prima Guerra Mondiale.

Co-curatore della mostra, prodotta da Navigare, Stefano Oliviero, in sinergia con la Fondazione Pietrasanta e Lapis Museum, presieduta da Raffaele Iovine. L’ufficio stampa della rassegna è stato curato da Fabrizio Kuhne e Brunella Bianchi. Il sito dispone di un ascensore archeologico che porta a 40 metri di profondità con un percorso di circa un miglio alla scoperta della Neapolis.

Mario Carillo

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