“La televisione è un elettrodomestico utile, come il frigorifero, come ogni altro elettrodomestico. Usiamolo”. Così affermava Eduardo De Filippo, al quale proprio quella televisione della cui utilità era persuaso sta rendendo un doveroso omaggio con una rassegna iniziata a fine ottobre su Rai 5 (che si concluderà il 25 gennaio 2025, e che è possibile rivedere su RaiPlay), riproponendo tutte le sue commedie in ordine cronologico di composizione.

Tre mesi di programmazione (ogni giorno alle 16, e il sabato in prima serata) dedicati al grande maestro e al suo teatro, e non solo, per celebrare l’evoluzione creativa della sua scrittura e le sue indimenticabili interpretazioni.

Nel cartellone della lunga programmazione televisiva non passa inosservato uno dei documentari originali che affiancano la riproposizione delle sue opere, approfondendone il percorso personale e professionale di incomparabile attore e commediografo. Un’intervista inedita del 1999, dal titolo “Camilleri racconta Eduardo”, ripercorre, con ironia e nostalgia, attraverso la voce del grande scrittore siciliano, le vicissitudini produttive e realizzative dell’adattamento televisivo del teatro di De Filippo.

Nel 1961, Eduardo registra negli studi Rai di via Teulada, a Roma, un ciclo di otto commedie tra le più significative del suo repertorio, e Andrea Camilleri, all’epoca giovane regista che lavorava per la Rai, viene designato dai vertici del Secondo canale (la futura Rai 2), come produttore esecutivo del progetto. Un’avventura durata sei mesi, in cui sono emerse tutte le criticità scaturite da un’idea rivoluzionaria che ha avvicinato il teatro ad un pubblico vasto ed eterogeneo.

Eduardo è un uomo di teatro dal carattere burbero e irascibile, e l’avere a che fare con lui viene considerata da tutti come un’impresa disgraziata. Portarlo in televisione significa, ricorda Camilleri, “riuscire a maneggiarlo e individuare qualcuno che di teatro si intendesse minimamente mettendoglielo vicino”. De Filippo, inaspettatamente, lo prende subito in simpatia già dal loro primo incontro, e il rapporto di profonda stima e rispetto reciproci influenzerà per sempre lo scrittore siciliano.

Che, durante i lunghi mesi di registrazione delle commedie, ha modo di osservare Eduardo e la sua meticolosa cura per l’adattamento dell’immagine alla parola, recitando egli stesso mentre dirige ogni scena. “Eduardo”, ricorda ancora Camilleri, “aveva la straordinaria capacità di proiettarsi all’interno degli altri, dove per ‘altri’ si intende gli attori, non i personaggi. Il personaggio veniva dopo. Questo veniva acuito moltissimo dalla sensibilità immediata che ebbe alle telecamere”.

Eduardo e Camilleri instaurano tra loro, tacitamente ma consapevolmente, lo stesso rapporto stretto che De Filippo stabiliva con chi divideva la scena con lui, basato sull’assunto che la recitazione è un accordo di onestà e di lealtà fra due attori che si trovano sullo stesso palcoscenico e devono “combaciare in quello che il pubblico deve vedere”.

Un pubblico che, da quel lontano progetto televisivo condizionato dalla censura e dalle limitazioni tecniche della Tv di allora, continua ad amare Eduardo e le sue commedie, riproposte ancora oggi come momento fondamentale della cultura popolare italiana e della formazione dell’altrettanto amato Camilleri.

Viviana Rossi

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