Napoli, ci risiamo: una vagina gigante in piazza Municipio. Ne avevamo bisogno?

L’opera contro il patriarcato ottiene anche l’approvazione del Sindaco (che poi la fa rimuovere). È, o non è, arte?

A Napoli, il dibattito tra “grande bellezza” e doppia morale torna a far trasalire animi e polemiche, arrivando fin’oltre il nord Italia. Non era bastato il clamore suscitato dall’installazione fallica di Gaetano Pesce in Piazza Municipio, perché a riaccendere il dibattito pubblico è ora l’opera “La grande bellezza” dell’artista e attivista milanese Cristina Donati Meyer. La sua scultura, rappresentante una vagina, è comparsa questa mattina nella stessa piazza come risposta all’opera precedente. E, al contrario del suo “avversario fallico”, non ha trovato lunga permanenza: è stata prontamente rimossa dalla Polizia perché priva di autorizzazione.

Una doppia morale che non è passata inosservata

Napoli, ci risiamo: una vagina gigante in piazza Municipio. Ne avevamo bisogno?Un proverbio napoletano recita: “Fa’ chello ca dico io ma nun fa’ chello ca faccio io”, e mai come in questa occasione sembra descrivere l’imbarazzante scenario napoletano.

Perché il fallo di Pesce può restare, provocare, far discutere e attirare persino turisti, mentre la vagina di Donati Meyer, altrettanto provocatoria e carica di significati simbolici, viene eliminata sul nascere. Troppo esplicita? Addirittura più della sua opera contraria? Chissà. Sarà stato più furbo il buon Maestro a lasciare il beneficio del dubbio interpretativo della sua opera? Non lo sapremo mai. Conti fatti, però, la doppia morale non è comunque passata inosservata.

 

L’artista intende provocare: “Più spazio alle donne e meno patriarcato”

Donati Meyer non ha certo usato mezzi termini nel commentare la sua furtiva installazione: “Siamo stufe di tutti questi uomini e di tutto questo patriarcato. La vagina dà vita, è una ‘grande bellezza’. Viva le donne, viva l’arte femminista, perché Napoli merita di meglio”. Per lei, la scelta di rispondere a Pesce è l’esigenza di riequilibrare una rappresentazione che, a suo avviso, privilegia un immaginario maschile. Ecco spiegato, allora, il sollecito alla riflessione sociale: “Mi auguro che sia una provocazione che faccia ragionare. Napoli non ha bisogno di simboli patriarcali, ma di spazi per le donne e per chi le rappresenta davvero”.

Al sindaco Manfredi l’opera piace: “L’arte è dibattito e conflitto” (ma poi la fa rimuovere)

Di fronte all’ennesima bufera artistica, il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, si è detto comunque favorevole al fermento provocato da opere come queste: “L’arte, sia contemporanea che classica, è sempre stata provocazione, dibattito e conflitto. Napoli, oggi, è tornata al centro della scena nazionale, capace di attirare artisti anche da Milano per far parlare di sé”. Tuttavia, l’intervento tempestivo per rimuovere l’opera di Donati Meyer getta un’ombra sulla coerenza di queste parole.

Napoli: capitale dell’arte o del doppio senso?

La città partenopea, da sempre culla di bellezza e creatività, sembra ancora una volta divisa tra chi difende la libertà di espressione e chi la confina entro limiti morali o formali. Perché se l’arte è provocazione, come sostiene il sindaco, allora dov’è il confine tra ciò che può restare e ciò che deve essere rimosso? Forse è tempo di interrogarsi se, in questo dibattito, non siano proprio i criteri di giudizio a dover essere riformulati.

Nel frattempo, Piazza Municipio si svuota: un simbolo resta, l’altro è cancellato. Ma il messaggio di Donati Meyer, pur nella sua breve apparizione, continuerà a riecheggiare. Nel bene, e nel male.

Sofia Comentale

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