«Il Parco Archeologico di Pompei – ha dichiarato Antonio Capaldo, presidente di Feudi di San Gregorio – è uno dei siti culturali più rilevanti al mondo e rappresenta un pilastro fondamentale dell’identità della nostra regione. Abbiamo quindi aderito a questo progetto con entusiasmo, mettendo le nostre competenze al servizio del Parco per sviluppare insieme un innovativo progetto agricolo e agronomico. Vogliamo far rivivere Pompei non solo come luogo di ricerca e conoscenza, ma anche come centro di produzione e scambio, ritornando alle sue radici storiche. Per questo, occorreranno tempo e investimenti importanti ma la cosa non ci spaventa, anzi: avere il coraggio di percorrere nuove strade, guardando questo progetto millenario con occhi nuovi, accumuna la nostra visione a quella del Parco. L’approccio scelto è fortemente culturale e non speculativo, con una visione lungimirante che guarda oltre il ritorno immediato e pensa al futuro delle generazioni a venire, assicurando un avvenire sostenibile a questo luogo straordinario. Inoltre, ci offre la possibilità di continuare a condividere con il mondo la cultura millenaria del vino».
Un’azienda vitivinicola del Parco con ciclo produttivo completo si sta realizzando all’interno dell’area archeologica, segnando un nuovo capitolo per la viticoltura e la storia del patrimonio naturalistico del sito. Grazie a una speciale forma di Partenariato pubblico-privato, il Gruppo Tenute Capaldo, in particolare le due cantine Feudi di San Gregorio e Basilisco, affianca il Parco nella gestione e valorizzazione storica dei vigneti presenti. Forte dell’esperienza acquisita negli ultimi anni su alcuni vigneti già esistenti, verrà realizzata una vera e propria vigna “archeologica” con un’estensione vitata che nel tempo supererà i 6 ettari. Inoltre, saranno costruite strutture di vinificazione e affinamento all’interno del perimetro del Parco, finalizzate alla produzione di vino.
La nuova azienda vitivinicola, interamente a conduzione biologica, si basa su una ricerca approfondita delle tecniche tradizionali di allevamento della vite e di trasformazione delle uve, realizzata in collaborazione con il Prof. Attilio Scienza dell’Università di Milano. Inoltre, beneficia delle consolidate competenze agronomiche di Feudi di San Gregorio e del suo responsabile di produzione Pierpaolo Sirch, agronomo di fama internazionale. L’obiettivo è duplice: produrre vini autentici di elevata qualità e integrare la viticoltura con la storia e il percorso di visita del Parco Archeologico. L’azienda avrà un forte legame con il territorio, non solo dal punto di vista culturale e produttivo, ma anche sociale, coinvolgendo realtà del cosiddetto Terzo Settore nelle fasi di lavorazione.
L’esecuzione di questo progetto di lungo termine non segue i classici strumenti di collaborazione pubblico-privato, come la concessione o l’appalto, ma sarà garantita da un partenariato in cui il Parco e il Gruppo Tenute Capaldo mettono a fattor comune le rispettive esperienze e competenze.
Per Feudi di San Gregorio, impegnata da quasi 40 anni nello studio e nella valorizzazione dei vitigni autoctoni campani, tra cui le viti centenarie di Taurasi, il progetto rappresenta un ulteriore passo nella valorizzazione del territorio e delle comunità locali. Questo impegno è stato formalizzato anche nello statuto societario all’atto della trasformazione in Società Benefit nel 2021.
Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco, commenta: «Il Parco archeologico fin dagli anni novanta si è occupato, attraverso gli studi di botanica condotti dal Laboratorio di ricerche applicate interno, di analizzare i vigneti dell’antica Pompei, per indagarne le caratteristiche storico-scientifiche, le tecniche di viticoltura e dunque le abitudini alimentari. Da allora sono state attuate azioni di valorizzazione dei vigneti, quale modo per raccontare e far conoscere la città antica sotto aspetti diversi. Oggi il Parco sta investendo in una più ampia forma di valorizzazione nonché di tutela del patrimonio naturale, del paesaggio e dell’ambiente che sono elementi integranti dell’area archeologica. L’azienda vitivinicola fa parte di un più ampio progetto di azienda archeo-agricola che sta interessando anche altre attività, quali ad esempio la valorizzazione e coltivazione degli ulivi, i progetti di agricoltura sociale nell’ambito della “fattoria sociale e culturale”. E la strada vincente per raggiungere importanti risultati per tutto il territorio circostante è a nostro parere il coinvolgimento di privati con competenze specifiche, quali partner attivi dei progetti».
Sarah Riera