Franco Alfieri, ex presidente della Provincia di Salerno ed ex sindaco di Capaccio Paestum, è stato arrestato questa mattina dalla Direzione Investigativa Antimafia di Salerno nell’ambito di un’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Il suo nome figura tra le dieci persone raggiunte dalla misura cautelare, con accuse di scambio elettorale politico-mafioso. L’indagine ha rivelato un presunto accordo tra Alfieri e Roberto Squecco, imprenditore già condannato in via definitiva per associazione per delinquere di tipo mafioso e ritenuto vicino al clan camorristico Marandino.
Il presunto patto elettorale del 2019
Secondo la Procura, l’accordo sarebbe stato siglato in occasione delle elezioni amministrative del 2019 a Capaccio Paestum, successivamente vinte da Alfieri. Le intercettazioni contenute nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Salerno Annamaria Ferraiolo mostrano che lo stesso Squecco avrebbe dichiarato: “Io a questo signore l’ho fatto eleggere, io l’ho portato qua. Aveva fallito ad Agropoli, io l’ho preso da là e l’ho portato qua”. In cambio del sostegno elettorale, Alfieri avrebbe garantito protezione agli interessi economici di Squecco e della sua famiglia, in particolare riguardo alla gestione del Lido Kennedy, uno stabilimento balneare di Paestum ritenuto dagli inquirenti sotto il controllo dell’imprenditore.
Il corteo delle ambulanze e il ruolo della moglie di Squecco
Dopo la vittoria di Alfieri, la sua elezione fu celebrata con un corteo di ambulanze a sirene spiegate nelle strade di Capaccio Paestum. Le ambulanze erano di proprietà della società di Roberto Squecco, la cui moglie, Stefania Nobili, fu eletta in Consiglio comunale in una lista collegata ad Alfieri. Secondo il gip, Nobili avrebbe avuto un ruolo consapevole nel patto elettorale. L’inchiesta ha evidenziato come i voti promessi da Squecco fossero ottenuti attraverso la forza di intimidazione derivante dal suo legame con la camorra e dal clima di omertà instaurato nella zona.
La demolizione del Lido Kennedy e le minacce
Il rapporto tra Alfieri e Squecco si sarebbe poi deteriorato a seguito della demolizione del Lido Kennedy, danneggiato da una mareggiata e già oggetto di misure di prevenzione e sequestro penale. L’abbattimento, ritenuto inevitabile dal punto di vista amministrativo, avrebbe portato Squecco a manifestare forte risentimento nei confronti di Alfieri. L’imprenditore, attraverso Antonio Bernardi e Michele Pecora, avrebbe recapitato messaggi minatori al sindaco e ad altri funzionari comunali. Inoltre, avrebbe contattato tre pregiudicati di Baronissi per pianificare azioni violente nei confronti di Alfieri e del comandante della Polizia Municipale di Agropoli, Antonio Rinaldi, responsabile dell’ufficio Suap. Tuttavia, il piano non sarebbe stato portato a termine a causa delle reticenze degli esecutori, preoccupati per un possibile monitoraggio delle forze dell’ordine.
Minacce e intercettazioni in carcere
Durante colloqui in carcere con i familiari, Squecco avrebbe espresso la sua rabbia nei confronti di Alfieri, facendo riferimento alla sua capacità di “distruggere la Russia” con le armi a sua disposizione. In un altro messaggio, riferito dal gip, Squecco avrebbe dichiarato: “Domandate a Franco Alfieri dove vuole fare la guerra… io adesso ho finito… Franco Alfieri può andare nella caserma a Capaccio, alla Pisacane a Salerno, può andare dove vuole, Roberto Squecco lo porta finito!”
Le reazioni istituzionali e le dichiarazioni di De Luca
Sulla vicenda è intervenuto il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, il quale ha dichiarato: “Non so sinceramente nulla, so quello che sapete voi. Il mio auspicio è che si vada fino in fondo senza guardare in faccia a nessuno, come è doveroso, ma che ci siano tempi di decisione rapidi”. Ha poi aggiunto che “fino a giudizio definitivo stiamo parlando di persone innocenti”, sottolineando il principio della presunzione di innocenza sancito dalla Costituzione.
L’episodio delle “fritture di pesce” e la notorietà di Alfieri
La figura di Franco Alfieri è divenuta nota a livello nazionale anche per un episodio del 2016, quando durante la campagna per il referendum costituzionale il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, si rivolse a circa 300 amministratori locali in un albergo di Napoli con una frase divenuta celebre: “Franco Alfieri è notoriamente un clientelare. Deve convincere gli elettori a votare per il sì con le fritture di pesce.” Questa battuta, destinata a sottolineare le capacità persuasive di Alfieri, divenne un simbolo delle polemiche sulla gestione del consenso elettorale in Campania.
Nel frattempo, la Commissione parlamentare Antimafia, guidata da Chiara Colosimo, ha chiesto l’invio degli atti dell’inchiesta per un approfondimento del caso.