“Essere Donna nell’Antica Pompei”: un viaggio nella vita femminile ai piedi del Vesuvio

La scoperta delle condizioni di vita delle donne e delle bambine, dei numerosi aspetti della quotidianità e della posizione che esse occupavano nella casa e nella società romana – e in particolare a Pompei – è il filo conduttore della mostra

La scoperta delle condizioni di vita delle donne e delle bambine, dei numerosi aspetti della quotidianità e della posizione che esse occupavano nella casa e nella società romana – e in particolare a Pompei – è il filo conduttore della mostra “Essere Donna nell’Antica Pompei”, aperta dal 16 aprile 2025 al 31 gennaio 2026 presso la Palestra Grande degli scavi, a cura di Francesca Ghedini e Monica Salvadori, in collaborazione con le Università di Padova, Salerno e Verona.

Oltre 600 nomi di donne emersi durante gli scavi archeologici dell’antica Pompei aprono su un pannello luminoso l’esposizione. È un viaggio affascinante e innovativo tra arnesi da lavoro e di cosmesi, gioielli e oggetti d’uso quotidiano: pentole, una culla, uno speculum ginecologico, coppe di vetro e corredi funerari. È un mondo di “cose” che erano nelle mani delle protagoniste della mostra quando il vulcano più pericoloso del mondo esplose, cristallizzando le attività quotidiane di poveri e ricchi, giovani e anziani, schiavi e padroni.

Pompei si conferma un osservatorio privilegiato per il suo straordinario stato di conservazione e per l’enorme documentazione emersa nei quasi tre secoli di scavi. La mostra prosegue idealmente il racconto dell’ “Altra Pompei”, dedicata alle persone “che a quei tempi non avevano voce”, ampliandolo con la prospettiva femminile: “Le donne romane, invece, avevano voce – ha detto Daniela Mapelli, rettrice dell’Università di Padova – ma una voce flebile che abbiamo voluto fare emergere. Non come singole persone, ma come corpo sociale che ci racconta come vivevano da schiave ma anche da imprenditrici, da sacerdotesse, da farmaciste o fattucchiere o anche da prostitute.”

Il percorso espositivo si sviluppa in otto sezioni. Nella prima sala, il pubblico è accolto da nomi e volti di donne, per dare voce alla loro individualità. Seguono affreschi, ritratti privati e funerari, graffiti, iscrizioni e oggetti d’uso che documentano le diverse categorie femminili: matrone, liberte, schiave, nelle varie fasi della vita – dalla nascita al matrimonio, dalla maternità alla morte – e nei ruoli sociali: filatrici, ostesse, venditrici, panificatrici, mediche, fattucchiere, prostitute.

Nelle prime sale vengono illustrati gli aspetti principali della vita privata, come la gestione della casa e della servitù, l’educazione dei figli e la cura del corpo. Ampio spazio è riservato anche alla vita pubblica e lavorativa: si stima che a Pompei fino a cento donne lavorassero nella prostituzione, molte delle quali in condizione di schiavitù. Ma non solo: alcune donne furono imprenditrici ed evergeti, capaci di inaugurare nuove attività e cambiare il volto della città.

Otto donne “accompagneranno” i visitatori nei loro ambienti: Flavia Agatea ed Eumachia nelle tombe di Porta Nocera; Eumachia, ancora, nell’omonimo edificio nel Foro; Mamia e Nevoleia Tyche presso le tombe a Porta Ercolano; Asellina al Termopolio di Asellina; Giulia Felice nei Praedia di Giulia Felice; Eutychis che vendeva il suo corpo nel quartiere servile della Casa dei Vetti; Amaryllis presso la Casa di Marco della Venere in Conchiglia. Ma prima di seguire le loro orme nella mostra che entra negli Spazi di vita e di morte dell’Antica Pompei, le stesse donne si raccontano nel percorso espositivo.

Nel mondo femminile, accanto alle donne adulte, c’erano anche le bambine, alle quali appena nate non era concesso di vivere se non fossero state primogenite. I romani, infatti, donavano il diritto alla vita solo ai maschi e alla prima femmina nata. Le altre venivano spesso uccise o esposte. Eppure, anche in questo contesto duro, non mancavano esempi di bambine che studiavano, praticavano le arti e crescevano fino a gestire attività.

Le ultime tracce di queste vite si colgono nelle necropoli: monumenti funerari, iscrizioni e corredi restituiscono il ricordo di alcune di loro. Il percorso si conclude con un salto nella contemporaneità, presentando il contributo di donne che hanno fatto la storia della scoperta di Pompei – come Carolina Bonaparte, Wilhelmina Jashemski, Tatiana Warsher, Olga Elia – e proponendo una selezione di spezzoni cinematografici che raccontano l’immagine femminile nell’antichità.

Il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, ha sottolineato come l’esposizione si inserisca in una più ampia strategia per controllare e monitorare il boom turistico, salvaguardando il patrimonio Unesco. Per questo motivo, ha voluto ampliare gli spazi di fruizione “accompagnando i visitatori” con le navette speciali che conducono ai siti minori. Il tetto massimo degli ingressi (20mila al giorno) rende necessarie scelte organizzative attente, per preservare e valorizzare un patrimonio che continua a parlare al presente.

Sarah Riera

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