Il Gazzettino vesuviano | IGV

Roberto De Simone, affabulatore geniale

Roberto De Simone, affabulatore geniale

Un prisma di talenti. Così è stato definito il Maestro Roberto De Simone, scomparso nei giorni scorsi, personaggio tra i più complessi e affascinanti della cultura italiana contemporanea. Un percorso umano e professionale lungo e intenso, il suo, che, nelle tante sfaccettature di etnomusicologo, drammaturgo, musicista, ricercatore e intellettuale di grande spessore, lo ha visto consacrare gran parte della sua esistenza allo studio delle tradizioni popolari dell’Italia meridionale.

Canti rituali, fiabe arcaiche, feste religiose, liturgie contadine, per lui, originario di Napoli, non erano semplici testimonianze folcloristiche, ma veri e propri codici simbolici di un mondo che ancora si ritrova nei gesti, nei suoni e nei racconti del nostro presente.

A distanza di quasi mezzo secolo dal debutto al Festival dei Due Mondi di Spoleto, nel 1976, la sua opera più conosciuta, “La Gatta Cenerentola”, è considerata ancora oggi la sua grande eredità culturale. Una favola in tre atti, da lui scritta e musicata ispirandosi al racconto omonimo contenuto nella raccolta di fiabe in lingua napoletana “Lo Cunto de li Cunti” di Giambattista Basile, mescolato con altre versioni della stessa favola.

“La gatta Cenerentola non è solo una fiaba”, diceva, “ma è la fiaba delle fiabe: è la somma di tutto il mondo fantastico e onirico dell’immaginario meridionale e potremmo dire anche mediterraneo”. Così De Simone raccontava la sua opera, nella quale teatro, vita e un antico mondo popolare si incontravano, come spesso accadeva nelle sue produzioni, che si trattasse di musica o allestimenti teatrali. Una fiaba esaltata dall’interpretazione – nella sua prima messa in scena a Spoleto coronata da un successo straordinario – degli artisti della Nuova Compagnia di Canto Popolare (per citarne solo alcuni, Isa Danieli, Concetta Barra, Peppe Barra, Antonella Morea e Fausta Vetere), da lui fondata nel 1967 per riportare alla luce un repertorio musicale che rischiava di scomparire.

“Non è mai stato colto fino in fondo il valore di quell’opera”, ha affermato Peppe Barra ricordando De Simone, “anche se è stata comunque elogiata da tutti come un avvenimento importante del teatro europeo, perché ‘La Gatta Cenerentola’ ha rivoluzionato il teatro. Fino ad allora, su Napoli c’erano stati Eduardo, Viviani, Di Giacomo, Scarpetta, Petito, ma quando questo spettacolo è andato in scena, ha aperto le menti di tanta gente che non conosceva il valore di una Napoli barocca, di una Napoli settecentesca, cinquecentesca, quattrocentesca”.

Da allora, l’attività creativa di De Simone lo ha visto ricoprire ruoli prestigiosi che hanno confermato il suo attivismo culturale: la direzione artistica del Teatro San Carlo, a partire dai primi anni Ottanta, gli ha permesso di far riemergere da un periodo di oblio un teatro storico che ha conosciuto un rilancio internazionale grazie alla rappresentazione di un repertorio settecentesco napoletano quasi dimenticato. E ancora, il “Requiem in memoria di Pasolini”, composto nei primi anni Ottanta, lo ha reso precursore di una contaminazione culturale che all’epoca non era ancora di moda, svelando connessioni tra mondi diversi che il pubblico non immaginava possibili. Infine, ma non ultima, la direzione del Conservatorio San Pietro a Majella lo portò a rivitalizzarne la biblioteca, passata dall’essere diventata un deposito oscuro a un luogo di cultura accessibile, arricchita dalla sua donazione di documenti e materiali rari (circa duemila pezzi) che non esistono in altri Conservatori.

Consapevole com’era che “nella memoria non si trova solo il passato, ma anche la chiave per immaginare il futuro”.

Viviana Rossi

Exit mobile version